Aiuti umanitari: registro trasparenza, Italia ancora out
Guest post by Alessandra Flora, EurActiv – originally posted here.
Ora che anche la Francia e il Giappone vi hanno aderito, l’Italia e la Russia restano gli unici membri del G8 a non partecipare al registro sugli aiuti internazionali, comunemente noto come IATI (acronimo di International Aid Transparency Initiative).
In altre parole, ad oggi, le informazioni sui soldi destinati ai paesi in via di sviluppo stanziati dal nostro paese non sono consultabili in formato “aperto”, cioè non sono fruibili sotto forma di open data.
Aderiscono invece al registro tutti gli altri governi membri del G8 (Stati Uniti, Canada, regno Unito e Germania). E non solo. Tra le organizzazioni registrate vi sono anche la Banca Mondiale, ONG come Oxfam e donatori privati provenienti da paesi come India, Nepal, Pakistan, Ghana.
La notizia emerge a pochi giorni dalla riunione informale dei ministri per la Cooperazione allo Sviluppo in programma il 14 luglio e il 15 luglio a Firenze.
La Farnesina a EurActiv.it: presto una piattaforma digitale sulle circa 25 mila iniziative per la cooperazione italiane
Raggiunta da EurActiv.it, la direzione generale Cooperazione allo Sviluppo del ministero degli Esteri afferma che i dati sulla cooperazione allo sviluppo italiana sono pubblici e vengono forniti, periodicamente, all’ Ocse.
Così la Farnesina: “Sebbene il nostro paese non aderisca formalmente a IATI, la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo ispira la sua azione al principio della trasparenza dei dati sull’aiuto (“open data”) sanciti dalla Conferenza internazionale sull’Efficacia per lo Sviluppo di Busan e ribaditi in occasione della Conferenza Internazionale di Città del Messico sulla Global Partnership dell’aprile scorso”.
“Al fine di dare una piena attuazione a tali principi, è anche in avanzata fase di realizzazione e sarà prossimamente presentata al pubblico una piattaforma digitale, di facile accesso e comprensione per ogni cittadino, contenente dati e informazioni relativi a circa 25 mila iniziative finanziate dalla Cooperazione allo Sviluppo italiana”.
L’ultimo a decidere di pubblicare i propri dati sul sito dello IATI è stato il governo del Sol Levante, a fine giugno. Uscendo dal recinto dei “giottini”, l’Italia è in compagnia di altri Paesi Ue: neppure Austria, Grecia e Portogallo hanno hanno reso pubblico questo tipo di informazioni.L’adesione del Giappone è stata accolta positivamente dall’organizzazione no profit “Publish What You Fund”, che si batte per una maggiore trasparenza negli aiuti umanitari.
Secondo l’Aid Transparency Index, stilato da “Publish What You Fund”, che monitora i donatori in tutto il mondo (tra governi e privati), il ministero degli Esteri Italiani nel 2013 si è classificato 60 su 67 in quanto a trasparenza sui dati. Performance inferiore a quella del Brasile, che si colloca al 57esimo posto.Nel giugno 2013, in Irlanda, i governi del G8 si sono impegnati a rendere la cooperazione allo sviluppo più trasparente. Questo impegno fa seguito ad un accordo internazionale siglato a Busan (Corea del Sud) nel 2011 che prevede per l’appunto di seguire gli standard adottati dallo IATI. Sia la Commissione europea che gli stati membri hanno dato la loro approvazione.
Dati aperti: una lunga strada
Nell’ultimo anno il governo e la Pubblica amministrazione italiana hanno compiuto dei passi – seppur non sempre incisivi – verso una maggiore trasparenza delle azioni e dell’uso dei soldi pubblici. Nel giugno 2013, durante un summit in Irlanda del Nord, l’esecutivo presieduto da Enrico Letta aderì all’open data Charter del G8, impegnandosi a pubblicare una serie di dataset in formato aperto. Un impegno mantenuto dall’attuale governo Renzi.
Ad oggi, come rileva il portale istituzionale Dati.gov.it, sono 108 le PA che hanno “liberato” i loro dati, per un totale di 11.201 dataset di cui 42 comuni, 23 amministrazioni centrali, 22 province, 18 regioni e 3 università. In testa la regione Lombardia per numero di dataset rilasciati. Tra queste informazioni, però, non ci sono quelle sui finanziamenti allo sviluppo.